12 agosto 2023
Enrico Ballardini: "Di fatica non si muore, si muore perché il cuore è malato"
Riportiamo integralmente l'intervista della Gazzetta di Mantova ad Dott. Enrico Ballardini, medico specialista in cardiologia e medicina dello sport, storico medico sociale del Mantova Calcio e direttore sanitario del centro di medicina sportiva di Green Park (Gruppo Mantova Salus).
Dottor Ballardini, in questo periodo purtroppo sono morte alcune persone durante l’attività sportiva. C’è un timore crescente che queste morti possano essere collegate in qualche modo al vaccino anti Covid fatto due anni fa.
Per favore, non diciamo fesserie.
Allora come si può dare risposta a queste morti improvvise?
Chiariamo che il decreto del 18/02/1982 “tutela sanitaria delle attività sportive agonistiche” in un periodo di circa 24 anni, fino al 2006, ha abbassato la percentuale di morti improvvise da sport del 96% nel nostro paese. Un risultato che in medicina ha dell’incredibile. Ricordo a tal proposito che la morte improvvisa sui campi da gioco è praticamente tutta appannaggio dell’aspetto cardiologico. Questo perché chiaramente quando un cuore malato è messo sotto sforzo è più sensibile ad eventi tragici. Uno studio del Prof. Domenico Corrado (Università di Padova) analizza come la percentuale delle morti improvvise nel mondo in questi 25 anni sia 1 su 100.000 persone l’anno. Prima dell’82, questa morte negli atleti era 4 su 100.000. Dopo l’introduzione della visita medico sportiva è passata a 0,9 su 100.000.
L’età incide sulla morte durante la pratica sportiva?
Esiste una fondamentale differenza nella morte improvvisa durante la pratica sportiva sopra e sotto i 40 anni. Sotto i 40 anni, le morti improvvise da sport sono dovute ad aritmie fatali che sopraggiungono nel caso di cardiopatie congenite, cardiomiopatie, miocarditi, malattie del sistema di conduzione, malattie dei canali ionici. In altre parole, queste sono cardiopatie quasi sempre determinate geneticamente. Dopo i 40 anni la causa di morte cardiaca da sport più importante è la cardiopatia ischemica, cioè l’infarto acuto del miocardio.
C’è un modo di prevenire questi eventi?
Per fare una buona prevenzione bisogna eseguire correttamente i controlli medico sportivi. Per quanto riguarda gli under 40, si nasce con queste patologie e l’importante è scoprirle per tempo. Negli over 40 per la prevenzione della cardiopatia ischemica, vanno ricercati tutta una serie di passaggi anamnestico-diagnostici. In una buona visita medico sportiva bisogna definire per ogni atleta il rischio globale cardiovascolare, cioè avere notizie precise su malattie cardiache che hanno interessato i genitori o i parenti più prossimi; conoscere esattamente l’assetto lipidico di questi soggetti (colesterolo, trigliceridi, ecc..) accertarsi della presenza di diabete, ipertensione arteriosa, eventuali abitudini voluttuarie tipo il fumo di sigaretta, che sono fattori di rischio aggiunti. A questo punto, dopo una attenta visita clinica generale, bisogna eseguire un test da sforzo massimale al cicloergometro o al tappeto rotante, in monitoraggio continuo. Se questa procedura viene eseguita correttamente, non dico che si abbia la certezza dell’assoluta salute coronarica del soggetto, ma ci avvicina molto.
Chi è che decide queste procedure ed a quando sono aggiornate?
In Italia esistono dei protocolli cardiologici di idoneità sportiva, detti COCIS, aggiornati annualmente. Questi protocolli suggeriscono al medico sportivo come comportarsi nel caso di malattia cardiaca o di sospetta tale. Chi non si attiene a questi protocolli chiaramente compie un grave atto di negligenza nei confronti del proprio paziente. Di fatica non si muore, si muore perché il cuore è malato.